Il diritto alla scelta terapeutica è un diritto inalienabile sancito dalla Costituzione.
Questo fatto ci deve ricordare che dobbiamo onorare questo diritto scegliendo sempre come curarci, perchè, all’interno di un ambiente sanitario sempre più sottoposto a regole industriali, matura la tendenza a delegare la nostra salute a qualcun altro, e ad aderire acriticamente a proposte standardizzate che non possono rispettare le priorità individuali.
Questo fatto ci deve ricordare che dobbiamo onorare questo diritto scegliendo sempre come curarci, perchè, all’interno di un ambiente sanitario sempre più sottoposto a regole industriali, matura la tendenza a delegare la nostra salute a qualcun altro, e ad aderire acriticamente a proposte standardizzate che non possono rispettare le priorità individuali.
Eppure, prima di scegliere la nostra automobile, facciamo lunghe
ricerche e comparazioni tra modelli. Prima di scegliere la piastrella
con cui arredare il bagno nuovo, ne passiamo in rassegna decine,
centinaia, e non le lasciamo scegliere al piastrellista, che peraltro
non se ne assumerebbe di certo l’onere.
Quando scegliamo come curarci, invece, spesso non scegliamo proprio. Eppure, il valore della nostra buona salute non è minimamente comparabile a una piastrella.
Quando scegliamo come curarci, invece, spesso non scegliamo proprio. Eppure, il valore della nostra buona salute non è minimamente comparabile a una piastrella.
Chiaramente, è la paura la dominatrice che pervade questo processo di scelta: così, nel tentativo disperato di evitarla e non sentirla, la tentazione di delegare ogni responsabilità è fortissima.
Una responsabilità sulla vita che nella realtà nessuno, tanto meno un medico, può assumersi.
Si crea così una frattura tra medico e paziente, dentro la quale la responsabilità resta abbandonata e sospesa, e dentro la quale fiorisce la medicina difensiva.
Una responsabilità sulla vita che nella realtà nessuno, tanto meno un medico, può assumersi.
Si crea così una frattura tra medico e paziente, dentro la quale la responsabilità resta abbandonata e sospesa, e dentro la quale fiorisce la medicina difensiva.
Un modo più efficace per gestire la mia paura invece c’è: concedermela.
Dalla paura sgorga quell’energia che, se usata, invece di distogliere lo sguardo dal problema, mi dà la forza di ricercare tutta l’informazione disponibile per potere finalmente, in una posizione di piena responsabilità, scegliere ciò che sento essere il meglio per me.
Attenzione: il meglio per me e solo per me, perchè non esiste una decisione che vada bene per tutti in modo indifferenziato.
Anche se un trattamento statisticamente risulta essere più efficace di altri, potrebbe comunque non essere adeguato a me e alla mia unica e particolare vita.
Se sono un paziente autodefinito che prende le decisioni che gli competono, la distanza con il medico si riduce, si crea un dialogo costruttivo, lui lavorerà anche meglio e me ne sarà grato.
Prendendoti il tempo, qui di seguito puoi leggere una storia vera di
semplice scelta terapeutica, che mostra come il coinvolgimento attivo di
una paziente (che non evita, ma usa la sua sana paura), può costruire
un percorso terapeutico virtuoso.
Storia scritta da Sarah Chapman, sotto licenza Creative Commons Attribution-NoDerivatives 4.0
Dall’originale di Evidently Cochrane, traduzione di Mauro Sartorio
per continuare a leggere clicca il link qui sotto:
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