Maurizio Grandi è un luminare che il mondo ci invidia. Lavora a Torino, tratta i pazienti da amici e ha ottenuto risultati straordinari.
Immaginate un oncologo che riceve i pazienti parlando della bellezza
della vita e che quando li dimette li ringrazia per avergli permesso
di condividere la loro gioia e il loro dolore.
Un oncologo che considera una benedizione le scoperte scientifiche,
ma che quando cura non si limita alla chemioterapia e alla
radioterapia. Va oltre. Sa che l’anima di ognuno di noi non è
scollegata dalle cellule e dunque un tessuto cancerogeno difficilmente
potrà guarire se lo spirito resta malato.
Quel medico si chiama Maurizio Grandi ed è un luminare. Specialista
in oncologia clinica e in altre cinque discipline mediche, docente
universitario in Italia e all'estero, medaglia d'Oro dell'oncologia a
Roma, Gran Croce Cristoforo Colombo del Congresso degli Stati Uniti
d'America e ha guidato il Laboratorio della ricerca della vita.
Eppure in Italia é praticamente sconosciuto. Quando glielo fai
notare, risponde: «Meno male» e capisci subito che la sua non è falsa
modestia, ma un approccio coerente con la sua personalità. Non cerca la
popolarità, nè le polemiche. Eppure i suoi risultati sono davvero
straordinari. Tuttavia, non dichiara di aver inventato cure miracolose.
Al contrario. Il suo segreto è metodologico. Non si limita alla chemio e
alla radioterapia, ma scava nel passato attingendo alla medicina
tradizionale e ad altre discipline, che in apparenza nulla condividono
con l'oncologia.
Oggi ha 58 anni e rappresenta una famiglia che esercita la
professione da 8 secoli, per l’esattezza dal 1200. Maurizio Grandi
opera nel proprio poliambulatorio, un edificio alla periferia di
Torino, soprannominato «La Torre», che però del non sembra una
struttura clinica, bensì un condominio. Il suo gabinetto appare come un
appartamento, arredati con buon gusto. Quando il paziente entra ha la
sensazione di visitare un amico.
E come un amico viene ricevuto. Maurizio Grandi non ha mai fretta. E
visita a modo suo, per un'ora, se necessario anche due. Osserva la
postura del paziente, lo fa parlare di sé, della sua famiglia, delle sue
preoccupazioni per intuire il suo stato d’animo. E, soprattutto,
conquistarne la fiducia. Ritiene indispensabile stabilire un'«alleanza
terapeutica» per «mettere insieme il malato con il suo cuore, con la
famiglia, con se stesso, con le istituzioni, compreso il medico, perché
solo a quel punto può cominciare la lotta contro il male».
La cartella clinica è fondamentale, «ma non esaustiva», aggiunge. E
le terapie più moderne non sempre vincenti. «Capita spesso che si
formino fenomeni di chemioresistenza, di ormonoresistenza. E allora che
cosa fai?». Alcuni medici scelgono l'accanimento terapeutico, altri
s’arrendono, passando alle cure paliative. «A me piace ipotizzare altre
strade - spiega - non per sostituire l'esercito terapeutico, ma per
rafforzare le sue chance di riuscita, per superare la cinta muraria dei
chemioresistenti. Quando tutto sembra perduto bisogna trovare il
cavallo di Troia, il pertugio insperato, il modo per far suicidare le
cellule nemiche o per convincerle a far la pace».
Come? Ad esempio con la fitoterapia, ovvero l'utilizzo di piante e
dei loro derivati. «L'ho scoperta quando ero ricercatore a Parigi (e
già considerato uno dei cinque migliori giovani oncologi di Francia,
n.d.a) e non l'ho mai abbandonata». E poi con l’immunologia, la
fisiochinesiterapia (una forma di terapia fisica e manuale),
l'etnomedicina, la medicina ambientale. Il suo arsenale include anche le
regenoterapia, basata sullo scambio ionico dei bio-elementi,
attraverso l'emissione di radiofrequenze «dedicate».
Non si stanca di precisare che queste non rappresentano
un'alternativa alle cure moderne, ma un complemento per rafforzarne le
chance di riuscita. E quando è sicuro che hai capito bene va oltre.
Spiega che il grande medico é colui che asseconda il proprio intuito,
«come facevano i luminari del Settecento e dell'Ottocento che pur privi
di strumenti sofisticati erano dei grandissimi diagnosti, perché
ascoltando la voce interiore giungi a diagnosi che poi l'analisi
confermerà». L’intuito anticipa e instrada, esalta le capacità del
medico, il cui talento non è mai solo razionale, ma impalpabile,
istintivo, subliminale. E flessibile, con se stesso e con gli altri.
L’opposto della medicina in serie e di massa.
É convinto che il tumore rappresenti «una perdita di integrità, il
venir meno dell'unità interna e del riconoscimento del sé e del legame
del sé con gli altri» e che per combatterlo occorra ristabilire la
propria armonia interna. La Fede aiuta moltissimo, Grandi insegna ad
ascoltare il proprio corpo e il proprio spirito, ad esempio
«riattivando i cinque sensi, di cui spessiamo perdiamo la
consapevolezza». Dimostra come musica, carezze, profumi, immagini diano
sollievo, gioia, forza interiore.
Diversi pazienti considerati spacciati, affidandosi a lui sono
guariti, altri sono riusciti a bloccare la malattia per anni. E oggi,
naturalmente, lo adorano. Non tutti, ovviamente, ce la fanno. Maurizio
Grandi non è un guru, nè uno sciamano, bensì solo un medico dalla mente
molto aperta. E anche quando il viaggio dei pazienti è alla fine, lui
continua a sostenerli, sollecitandoli a mostrare la parte migliore di sé
proprio nell’ora più difficile. Insegna ad accettare la fine con un
sorriso pieno, solare. Il sorriso di chi ha capito tutto.
fonte: http://www.ilgiornale.it/news/medico-che-batte-i-tumori-curando-anche-lanima.html
email di contatto:
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latorre@mauriziograndi.it
mah.... io sono stata ad una visita per un lupus più che darmi dei fitoterapici prodotti dalla sua azienda familiare ed una dieta di buon senso........non comment
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