articolo di Luigi Romano pubblicato sul suo sito web il 29 ottobre 2013
Il mio primo approccio scientifico con il mondo della Cannabis e dei cannabinoidi
 risale alla mia tesi di laurea. Durante l’anno di internato (2010/2011)
 abbiamo portato avanti una ricerca su i due endocannabinoidi più 
studiati. Anandamide (AEA) e 2-arachidonoilglicerolo
 (2-AG). In particolare ne abbiamo studiati gli effetti sulle funzioni 
bioenergetiche mitocondriali (sintesi e idrolisi di ATP, consumo di O2 
ecc). I risultati di queste ricerche si sono concretizzati nella stesura
 della mia tesi sull’AEA e in una pubblicazione sul 2-AG.
Subito dopo la laurea ho preparato e superato l’Esame di Stato per 
l’abilitazione alla professione. Nello stesso periodo sono venuto a 
conoscenza del bando “Ritorno al Futuro” indetto dalla Ragione Puglia 
che concedeva borse di studio per seguire dei Master. Vinta la borsa di 
studio durante tutto il 2012 ho seguito un Master di II livello in 
Fitoterapia presso l’Università di Siena. Il Master prevedeva un periodo
 di stage da svolgere presso una qualsiasi “azienda X” che trattasse 
fitoterapici.
Il mio pensiero è andato subito alla Cannabis e alla Bedrocan in Olanda. Contattati Arno Hazekamp e Tjalling Herkelens
 tramite e-mail e fissato un incontro via Skype, andato a buon fine, è 
iniziata la mia avventura nel mondo della Cannabis terapeutica.
L’oggetto della nostra ricerca è stato l’Olio di Rick Simpson quindi cannabinoidi
 applicati nella cura del cancro.La prima parte del mio stage si è 
focalizzata sulla ricerca bibliografica riguardo Cannabis, cannabinoidi e
 cancro ed è stata svolta in Italia. La seconda parte si è svolta in 
Olanda presso l’Università di Leiden. L’attività di laboratorio 
consisteva nel riprodurre e analizzare “5 ricette” per produrre l’olio 
di Cannabis tra le quali quella di Rick Simpson che consiglia l’uso della nafta.
Le altre 4 erano con etanolo, etere e 2 con olio d’oliva extra 
vergine. Il nostro obiettivo era quello di individuare una buona 
“ricetta” riproducibile nella quiete domestica anche da persone non 
proprio in salute.
I risultati indicano che la nafta è da evitare, l’etere è buono ma deve essere maneggiato con attenzione, l’etanolo è buono ed è il solvente maggiormente utilizzato e le due ricette con olio d’oliva sono le più tranquille da effettuare in quanto non richiedono l’evaporazione del solvente e il relativo sprigionarsi di fumi.
Prendendo insieme i risultati della mia ricerca bibliografica (test 
in vitro, test in vivo, trial clinici), delle evidenze riportate da 
tanti pazienti [tra cui quella di Luciano Rossi compreso nel libro nel 
capitolo sull’HIV NDA] si può dire che i cannabinoidi 
hanno sicuramente un’azione sulle cellule tumorali e che la forma 
terapeutica che molti pazienti stanno usando è l’Olio di Cannabis, 
ovvero un estratto concentrato che contiene soprattutto cannabinoidi e terpeni.
La ricerca, ovviamente, deve andare avanti. L’attività di ricerca alla Bedrocan è incentrata soprattutto su Cannabis/cannabinoidi e sui metodi di somministrazione del farmaco. L’aspetto agronomico della Cannabis viene sviluppato principalmente nelle serre che sono situate a Veendam. Cercano di valutare tutti i diversi parametri di coltivazione (dal pH, alla quantità di acqua giornaliera, ecc) per arrivare a definire la migliore condizione di crescita delle piante. Le varietà che producono sono diverse, dalla rinomata Bedrocan al Bediol, Bedica, Bedropoor, ecc. Le genetiche sono fornite da Sensi Seeds. Ovviamente la standardizzazione delle piante deriva da un ambiente controllato ed esso stesso standardizzato. Lo standard medico si raggiunge garantendo la presenza e quella certa concentrazione di cannabinoidi. Questo risultato lo si ottiene solo in serra e seguendo le GAP (Good Agricoltural Practices).
La ricerca, ovviamente, deve andare avanti. L’attività di ricerca alla Bedrocan è incentrata soprattutto su Cannabis/cannabinoidi e sui metodi di somministrazione del farmaco. L’aspetto agronomico della Cannabis viene sviluppato principalmente nelle serre che sono situate a Veendam. Cercano di valutare tutti i diversi parametri di coltivazione (dal pH, alla quantità di acqua giornaliera, ecc) per arrivare a definire la migliore condizione di crescita delle piante. Le varietà che producono sono diverse, dalla rinomata Bedrocan al Bediol, Bedica, Bedropoor, ecc. Le genetiche sono fornite da Sensi Seeds. Ovviamente la standardizzazione delle piante deriva da un ambiente controllato ed esso stesso standardizzato. Lo standard medico si raggiunge garantendo la presenza e quella certa concentrazione di cannabinoidi. Questo risultato lo si ottiene solo in serra e seguendo le GAP (Good Agricoltural Practices).
Per quel che riguarda i cannabinoidi la Bedrocan cerca di 
isolare e caratterizzare i vari cannabinoidi partendo da materiale 
vegetale. Avendo i cannabinoidi isolati si possono fare ulteriori 
esperimenti per esempio sul processo di decarbossilazione, sulla 
conversione di un cannabinoide in un altro, sull’influenza di un 
cannabinoide sull’altro, nella somministrazione tramite vaporizzatore, 
ecc.
Per le tecniche di somministrazione del farmaco sono molto 
concentrati sul vaporizzatore e cercano di coinvolgere altre figure 
professionali per sviluppare strumenti e metodi sempre più efficaci. Per
 quel che ho potuto vedere sono un punto di riferimento per chiunque 
svolga ricerca su Cannabis e cannabinoidi. Avendo la disponibilità 
praticamente immediata di materiale vegetale controllato, coltivato 
secondo le GAP e standardizzato in contenuto di cannabinoidi, la loro 
ricerca può andare avanti senza i vari ostacoli che si presentano in 
altri paesi europei. Senza contare la presenza in Olanda di istituzioni 
quali il Cannabis Bureau e NCSM [NDR. Associazione olandese per la 
cannabis legale e medica].
La ricerca sui cannabinoidi ha fatto, e 
continua a fare, passi da gigante. Basta pensare che nel 2006 M. Guzmán 
et al. hanno realizzato il primo trial clinico in cui una soluzione 
contenente THC veniva somministrata a pazienti con glioblastoma 
multiforme, un tumore al cervello molto aggressivo, tramite iniezioni 
intratumorali e quindi intracraniche. Fantascienza per l’Italia.
Lo 
studio, condotto comunque su pazienti terminali sui quali le terapie 
standard (chemio e radio) non avevano avuto risultati, ha avuto 
risultati positivi. Per due pazienti (su 9) l’aspettativa di vita è 
aumentata di 1 anno e per un paziente di 24 settimane. Ovviamente tutti i
 sintomi clinici come disfasia e ipertensione cranica, emiparesi, 
cefalea e allucinazioni, deficit motorio sono stati fortemente smorzati 
dal THC.
Sui motori di ricerca scientifici, tipo Pubmed (uno a caso), ci
 sono centinaia di articoli su molte patologie e sull’uso di 
Cannabis/cannabinoidi per lenirle o curarle.
In Italia si lavora e si 
lavora tanto, basta pensare a Di Marzo, De Petrocellis, Grassi. Il 
problema è sempre la regolamentazione e tutto quello che ne deriva.
Non 
conosco i dettagli di altri laboratori ma durate l’anno di tesi il mio 
prof. ordinò un flaconcino di THC, circa 25mg. Il flaconcino è arrivato 
dopo la mia laurea, circa 2-3 mesi dopo. Questo è solo la mia esperienza
 ma credo che in molti laboratori le cose siano così.
Quindi, come si 
può fare ricerca se nel frattempo che attendi il prodotto altri gruppi 
di ricerca nel mondo hanno già pubblicato nuovi e diversi studi?
Luigi Romano, laureato in Biologia Ambientale nel 
2010 presso l’Università di Bari. Luigi ha avuto un’importante 
esperienza di scambio presso la principale ditta che ricerca sugli 
cannabinoidi a livello europeo. La ditta Bedrocan BV, in collaborazione 
con il Ministero della salute olandese, sviluppa protocolli di ricerca 
sulla canapa medica e attualmente rifornisce i pazienti italiani che 
hanno seguito la prassi burocratica per l’importazione del farmaco.
 
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